Non bastano la quiete d’una mattina di gennaio
ed i tiepidi raggi di un sole fuori tempo
a scogliere il pensiero di te.
Una vecchia fontana
segnata dall’incuria del tempo e da mani d’autori precoci
esala gli ultimi respiri.
Rigagnoli d’acqua, gocce sparse,
scendono,
si ritrovano a valle,
laddove un tempo, cadendo,
avrebbero trovato maggiore compagnia,
causato più intenso fragore.
Grida non troppo lontane di bambini festanti,
risvegliano ricordi sopiti di quando anch’io, bambino
stringevo la sua mano callosa, sempre dolce,
e riempivo svelto un sacchetto di nocchie.
O quando sulle sue spalle, mi sentivo un gigante, forte,
ed il mondo piccolo piccolo.
Ho gli occhi umidi adesso.
Fanno sempre così i ricordi,
seducono col richiamo della felicità e poi pugnalano alle spalle,
amari.
Che sia una gara con la vecchia fontana, mi dico – potrei vincere facilmente, oggi.
Mentre una vecchia canzone va, il pensiero vola subito altrove,
come l’aereo che passa alto in cielo, lasciando dietro sè una bianca scia.
Irrequieta, la mente passa in rassegna ricordi recenti,
cerca sollievo ma crea turbamento
ricorda uno sguardo, un sorriso, un abbraccio rubato,
una mano su una spalla.
Non ha senso – dice.
Quando mai lo avrà? – ribatte.
Forse oggi stesso, forse mai. Non è forse questo il punto?
Ne esco per qualche minuto, leggo due righe d’una poesia che un tempo mi colpì, oggi un po’ m’annoia.
Poi lo sguardo di un passante, Saeed,
che mi chiede una sigaretta, mi stringe la mano, mi dice “lavoro”,
mi rimanda giù.
Ha gli occhi tristi, Saeed, ha sofferto e chiede lavoro.
In realtà cerca la felicità, come me. La pace, come me.
Ma chi ti paga per essere felice, Saeed?
Chissà quante ne ha passate.
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
Ancora mi piace.