Incertezza e meraviglia,
dolcezza ed arroganza,
curiosità e tenacia.
L’ebbra fermezza
di un bambino che sale le scale
è più di quanta ne abbia avuta
io
da che sto al mondo.

Ha incantato i miei occhi
quell’incedere di piuma
con piedi di pietra.
Portami con te,
gli dissi,
nel tuo mondo di sogno.
Pulisciti le scarpe,
mi rispose,
e lascia gli occhiali sul comodino.

.

Ascoltavo distratto
ritratti confusi di te
quando hai bussato.
Mi sarei tolto una o due costole
per farti posto,
t’avessi visto.
Quando sei tornato,
dissotterravo radici
certo che l’inverno non sarebbe finito tanto presto.

Parole di piombo
sparate con disprezzo
su sagome di carne.
Sanguina ancora
violentemente
mentre digrigna i denti
nell’ultimo sussurro di te.
L’hai quasi ucciso, sai?
Volti le spalle noncurante,
con l’arroganza di chi sa che vivrà per te.

Roboanti riecheggiano
silenzi confusi
su immagini annebbiate
di giorni mai sazi
del tuo veleno di miele.

Non me ne andrò,
dice.
Ingenuo
ridi,
mentre inspiri speranza
diluita in trasognata felicità,
dimentico delle cicatrici che porti.

Broom.

C’è un treno che viaggia veloce sui binari della mia anima.
Ogni minuto ripassa per la stazione del mio cuore.
Capostazione, fermalo!

Forse non c’è bisogno di biglietto per salire sopra quel treno.
O forse sono io il bigliettaio.
Ma non ho il cappello.

Quel treno ha due occhi, un naso, una bocca e due orecchie.
Ha due braccia, due gambe ed un nome principesco.
E’ il più bel treno che abbia mai visto.

Quanto vorrei che si fermasse solo per farmi salire.
Invece viaggia velocissimo, inafferrabile.
Scendi, dai.

Scendi, dico, e sarò la tua stazione.

Scendi, dico, e dammi quel dannato biglietto.

Scendi, dico, amore.