Fuochi d’artificio
il riflesso del sole caldo
su acque danzanti,
come sapesse
che fra poche ore
si cambia calendario.
Categoria: Pennellate di parole
Met.Ro.
Ho visto bambini danzare
su musiche sgarbate,
e la Giovinezza
raccontarsi
su un giovane volto.
Ho colto l’amarezza
d’una vita grama
nei gesti lenti dei passanti,
gravati dal peso della Noia.
E poi sì,
ho pensato a te,
e sperato che fossi lì
a spiegarmi la vita.
I tuoi occhi
sì,
l’ho sentiti parlare,
raccontare l’amore con
lacrime
d’amara dolcezza,
così prese
dal carezzare il tuo volto
rugoso,
da non accorgersi
che il mio cuore
s’era fermato,
vinto,
a guardare
l’arrendevole tenerezza
d’un uomo che piange.
Vorrei morire così
beandomi del cielo limpido
stordito
dalle carezze del vento
delicato
come la mano di seta
d’un pianista di ghiaccio
mentre il sole
tediato
buca le palpebre
ultimo scudo
di occhi già uccisi
dalla sua brillante
maestosità.
Ritratto di neve.
Persa
nella tua solitudine
con le mani in tasca
ed i piedi ben piantati
aspetti il tuo destino
che forse ha fatto tardi.
Ti guardi attorno
incuriosita
e un po’ scocciata
come cecchino
in cerca di bersaglio.
Poi rinasci
fiore di marzo
e regali le tue labbra
al fortunato vincitore.
Incertezza e meraviglia,
dolcezza ed arroganza,
curiosità e tenacia.
L’ebbra fermezza
di un bambino che sale le scale
è più di quanta ne abbia avuta
io
da che sto al mondo.
Ha incantato i miei occhi
quell’incedere di piuma
con piedi di pietra.
Portami con te,
gli dissi,
nel tuo mondo di sogno.
Pulisciti le scarpe,
mi rispose,
e lascia gli occhiali sul comodino.
.
Ascoltavo distratto
ritratti confusi di te
quando hai bussato.
Mi sarei tolto una o due costole
per farti posto,
t’avessi visto.
Quando sei tornato,
dissotterravo radici
certo che l’inverno non sarebbe finito tanto presto.
Parole di piombo
sparate con disprezzo
su sagome di carne.
Sanguina ancora
violentemente
mentre digrigna i denti
nell’ultimo sussurro di te.
L’hai quasi ucciso, sai?
Volti le spalle noncurante,
con l’arroganza di chi sa che vivrà per te.
Roboanti riecheggiano
silenzi confusi
su immagini annebbiate
di giorni mai sazi
del tuo veleno di miele.
Non me ne andrò,
dice.
Ingenuo
ridi,
mentre inspiri speranza
diluita in trasognata felicità,
dimentico delle cicatrici che porti.
Broom.
C’è un treno che viaggia veloce sui binari della mia anima.
Ogni minuto ripassa per la stazione del mio cuore.
Capostazione, fermalo!
Forse non c’è bisogno di biglietto per salire sopra quel treno.
O forse sono io il bigliettaio.
Ma non ho il cappello.
Quel treno ha due occhi, un naso, una bocca e due orecchie.
Ha due braccia, due gambe ed un nome principesco.
E’ il più bel treno che abbia mai visto.
Quanto vorrei che si fermasse solo per farmi salire.
Invece viaggia velocissimo, inafferrabile.
Scendi, dai.
Scendi, dico, e sarò la tua stazione.
Scendi, dico, e dammi quel dannato biglietto.
Scendi, dico, amore.
